La Tavolozza di Narmer è il primo reperto che testimonia l'unificazione dell'Alto e del Basso Egitto. E' stata trovata a Ieracompoli da James Edward Quibell. Si tratta di una grande paletta per belletto in scisto verde alta circa 64 cm e larga 42 cm. Risale al periodo tra la fine di Naqada III e l'inizio dell'epoca tinita.
Celebra le lotte che hanno portato all'unificazione delle Due Terre. La decorazione è scolpita su entrambi i lati della lastra, in cui il registro superiore è modulato sulla forma di due teste della dea Hathor, dal volto umano con orecchie e corna bovine, che fiancheggiano il serekh contenente il volto di Narmer. Il reperto aveva anche un'utilità pratica nella vita quotidiana perché su di esso veniva triturata la polvere blu o nera con cui gli egizi si truccavano gli occhi. La funzione principale era però quella cerimoniale. La Tavolozza è anche un importante reperto filologico poiché costituisce uno dei primi esempi di scrittura geroglifica dell'Antico Egitto. Compaiono infatti simboli e concetti evoluti come il falco Horus, la dea Hatohr, il tempio a facciata di palazzo ed altri elementi che saranno il fondamento della teologia e della cultura egizia come la centralità della figura del re.
Tavolozza di Narmer - verso |
Il verso della tavolozza è diviso in tre registri, ognuno con un messaggio preciso.
- Primo registro: è il più in alto e al suo interno c'è un serekh (cartiglio) in cui è scritto il nome del faraone Narmer, identificato in un pesce gatto e da una mazza. Ai lati dominano due teste di vacca simbolo della dea Hathor.
- Nel secondo registro domina la figura di Narmer. Ha in capo la corona bianca simbolo dell'Alto Egitto ed è raffigurato con gli attributi tipici dei re, come la barba e la coda di toro ad indicare la potenza del sovrano come "Horus Toro Possente". Nella mano destra, il re stringe una mazza con sui colpire un uomo inginocchiato a terra e che tiene per i capelli. Di fronte a Narmer c'è un falco appoggiato su sei fusti di papiro, simbolo del Delta del Nilo, zona ricca di questa pianta. Il simbolo del papiro era usato anche per indicare il numero mille, quindi la scena potrebbe essere interpretata come la sottomissione di seimila prigionieri nella zona del Delta.
- Nel terzo registro, ci sono due uomini nudi, probabilmente nemici, e un piccolo simbolo che indica una città, rimarcando la potenza di Narmer che sottomette nemici e località del Basso Egitto.
Tavolozza di Narmer - retro |
Il retro della Tavolozza, invece, si può dividere in quattro registri:
- Primo registro: è uguale a quello del verso e ripete il nome del re affiancato alla dea Hathor. Ne deriva una doppia intestazione, la "firma" dell'oggetto da parte di Narmer.
- Secondo registro: qui troviamo la scena principale. Narmer ha in capo la corona rossa del Basso Egitto, la mazza e, soprattutto, regge il flagello, simbolo di autorità. Davanti al re c'è una donna detta Tjet e quattro portastendardi che portano gli emblemi di quattro divinità tra cui, oltre i falchi, di nota Wepwawet, il dio simile ad Anubi, "colui che apre la via", la guida degli dei e protettore dei defunti nell'aldilà. Davanti al corteo ci sono due file di cinque corpi decapitati con le loro teste fra le gambe: il nemico è sconfitto e immolato agli dei.
- Terzo registro: è dominato dal cerchio formato dal collo allungato di due felini, forse leonesse o pantere: qui forse veniva triturato il colorante blu o nero per il trucco degli occhi. Due personaggi le tengono al guinzaglio.
- Quarto registro: un toro, simbolo della regalità vittoriosa, ha grandi corna lunate. A testa bassa colpisce le mura turrite di una città e calpesta un nemico; la muscolatura e i dettagli del corpo sono descritti con precisione e realismo.
Le scene descritte nella Tavolozza di Narmer sono eloquenti e sembra quindi evidente che la supremazia di un re dell'Alto Egitto abbia domato il Basso Egitto, conquistandone i territori. Il prezioso reperto indica l'esistenza, in quel periodo, di divinità che saranno fondamentali nell'Egitto dinastico, come Horus e Hathor, madre dello stesso Horus.
Il concetto di Re identificato con Horus era probabilmente presente in Alto Egitto già prima dell'unificazione. In quest'ottica è possibile collocare anche il tempio a "facciata di palazzo" tipico dell'era Tinita. Il tempio, o la dimore eterna, la mastaba è la casa di Horus, cioè il faraone, ma "Casa di Horus" è il significativo di Hathor. Sembrano quindi ben radicati i princìpi base di una tradizione religiosa che sarà millenaria: Namrer, sul suo gonnellino, ha decorato un tempio a facciata di palazzo con testa di vacca a sormontare la dimora reale dell'Horus.
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