mercoledì 30 settembre 2015

Le Veneri preistoriche

In tutto il Paleolitico la figura umana è poco frequente e comunque è resa in forme approssimative. Costituiscono  un'eccezione le cosiddette Veneri, statuette a tuttotondo scolpite in pietra, in osso o in avorio e rappresentanti figure femminili dalle forme molto accentuate.
Le Veneri sono state rinvenute tutte in Europa, dalle Coste dell'Atlantico alla Siberia (sono circa 140), ed hanno in comune la dimensione contenuta: dai 2-3 centimentri ai 22-23 centimetri.
Hanno in comune soprattutto l'accentuazione dei caratteri della femminilità. Generalmente le estremità, mani e piedi, sono appena accennate o mancano del tutto, forse perché la statuetta veniva conficcata tra le rocce della caverna o nei campi, secondo usanze rituali. I seni, il ventre, il pube e le natiche sono invece rappresentati con precisione e con dimensioni esagerate.
Recentemente è stata suggerita l'ipotesi che in qualche caso le Veneri venissero poste all'interno di templi o santuari, in relazione al culto della dea-madre. Ciò sarebbe suggerito dal ritrovamento, in Dordogna, di più statuette femminili in un'unica stazione archeologica, al centro dell'abitato paleolitico. Non è da escludere che la loro presenza sia dovuta al culto degli antenati,  nel quale il tema della fecondità veniva associato a quello della continuità della vita, fondato sulla concezione sacrale della famiglia o della tribù.
Ciò può essere confermato dal rinvenimento di alcune Veneri presso focolari o all'interno di capanne, quasi fossero idoli posti a protezione dei luoghi domestici. Possono essere considerate una sorta di precursore della Magna Mater di età storica.

Ogni statuetta mette in rilievo gli attributi femminili, lasciando indeterminate le altre parti. Molto particolare è la Venere di Lespugne, in cui l'esecutore ha raggiunto una sintesi così elevata da iscrivere la forma umana in un volume romboidale. Le Veneri presentano un altro aspetto unico: un marcato principio di simmetria.  Lo si vede molto bene nella Venere di Willendorf, la cui ipertrofia dei glutei, dei seni e persino l'evidenza del pube sono sottolineate mediante interessanti accorgimenti, quali la posizione delle mani o la dettagliata acconciatura, che a sua volta annulla la presenza del viso.

La Dama di Brassempouy
 La Dama (ritrovata a Landes, in Francia) è scolpita nell'avorio ed è alta 3,7 centimentri. Pur essendo priva del corpo, l'impressione immediata è che rappresenti un ideale femminile che si discosta dai canoni delle veneri dello stesso periodo.

Incisioni verticali e orizzontali profonde formano sulla testa un reticolo che corrisponde a una acconciatura o a una reticella per trattenere i capelli; l'insieme della capigliatura, lunga alle spalle, dà slancio alla figura.

Il viso, in cui sono delineati con precisione occhi e naso, è molto espressivo: alcuni studiosi ritengono che per queste caratteristiche, di gran lunga superiori alle altre veneri, la Dama sia da considerare un ritratto.

La Venere di Willendorf
Risale al 23 000 a.C.. La pesante ed elaborata acconciatura fatta di piccole protuberanze, da alcuni intesa come un copricapo, crea una superficie movimentata che equilibra la morbida e liscia rotondità del resto del corpo.

E' realizzata in pietra calcarea ed è alta 11 centimetri. Le sue forme sono abbondanti, con una forte esasperazione dei seni, del ventre e delle cosce, in contrasto con le braccia sottili appoggiate al petto e con le gambe tozze.

L'accumulo di grasso sopra le ginocchia è un dettaglio di grande naturalismo, che conferisce realismo a una figura che sembrerebbe astratta nelle forme e nei volumi.

La Venere di Lespugne
 E' alta circa 15 cm ed è in avorio di mammut. Anche in questo caso le braccia sottili sono appoggiate su seni enormi che quasi scendono oltre i fianchi.
Per la prima volta si nota anche la presenza di un tessuto: sui fianchi e sotto i glutei è possibile osservare una sorta di gonnella sfilacciata sul fondo.
Come per le altre veneri del Paleolitico, anche queste potrebbe essere il simbolo della fecondità e della fertilità. Purtroppo è stata danneggiata al momento del ritrovamento.

martedì 29 settembre 2015

L'arte parietale: analisi degli stili

Secondo André Leroi-Gourhan, archeologo e antropologo francese, l'arte del Paleolitico superiore si può dividere in quattro stili o periodi che delineano un percorso figurativo e tecnico con lo scopo di raggiungere una sempre maggiore aderenza alla realtà. 
  • Il I stile, o arcaico, è compreso tra il 30000 e il 23000 a.C. ed è riferito alle testimonianze rinvenute sulle rive del fiume Vézère in Dordongna (Francia). E' caratterizzato da una forte semplificazione delle forme, quindi da figure schematiche e simboliche individuate mediante contorni continui. Gli animale rappresentati, buoi, bisonti, stambecchi, cavalli, sono graffiti o dipinti sulle rocce. Importanti  rilevamenti sono a La Ferrassie e Laussel. Nella figura a destra si vede un blocco di calcare  dell'Abri Cellier, Dordogna, su cui è rappresentato un cavallo associato a una figura schematica che potrebbe rappresentare l'organo sessuale femminile. L'animale, visto di profilo, è reso con poche linee curve.
  • Il II stile, sviluppatosi tra il 23000 e il 17000, presenta le figure animali, spesso in gruppi, che creano veri e proprio cicli parietali. Gli animali sono ormai tracciati con segno nitido e flessuoso, anche se ridotto spesso al contorno, e mancano talvolta alcuni particolari come le zampe. Compaiono in questo periodo le impronte negative di mani, come quelle della grotta Gargas, sui Pirenei francesi, ottenute appoggiando la mano sulla parete rocciosa e spruzzando il colore attorno con una cannuccia ricavata da un osso cavo.
  •  Il III stile, diffusosi tra il 17000 e il 15000, presenta figure con una maggiore definizione del tratto associata all'attenzione per le macchie di colore, soprattutto ocra e grigio, stese in modo da far cogliere meglio la forma dell'animale ed il suo movimento. I corpi massicci mettono in evidenza zampe piccole e sproporzionate. Appartengono a questo stile anche la grotta di Lascaux e la grotta di Peche-Merle. In quest'ultima ci sono molti graffiti e pitture: in particolare  nella "sala grande" sono rappresentati due cavalli rivolti in direzioni opposte e con la parte posteriore sovrapposta; gli animali hanno linea di contorno nera, corpo maculato, testa e collo neri. Intorno alle mani ci sono molti negativi di mani e un pesce, forse un luccio, delineato di rosso. 
  • Nel IV stile si raggiunge la maturazione. L'uso dei bruni e delle ocre è calibrato dai grigi di contorno, ottenuti con polveri di carbone. L'artefice realizza con abilità lo scorcio per offrire a chi guarda il movimento dell'animale o la sua possenza. Appartengono a questo periodo le pitture della grotta di Altamira e la grotta di Niaux. Nella foto a destra, possiamo vedere un bisonte accovacciato. L'analisi della tecnica di esecuzione ha evidenziato che le figure venivano tracciate a incisione o dipinte, poi veniva campita con il colore la parte interna e i dettagli venivano graffiti. Il colore veniva steso usando toni diversi e sfumature per creare effetti di profondità e luce. I rilievi naturali della superficie rocciosa venivano sfruttati per dare volume al corpo degli animali.

lunedì 28 settembre 2015

La grotta di Lascaux

La grotta di Lascaux, o meglio le grotte, sono un complesso di caverne della Francia sud-occidentale. Si trovano nelle vicinanze di Montignac, nella Dordogna. Sono diventate Patrimonio dell'UNESCO nel 1979. Sono state scoperte nel 1940 da quattro adolescenti. Nei boschi intorno a Montignac, si era aperto un buco in seguito alla caduta di un grande pino. I quattro ragazzi si sono calati nell'apertura e hanno trovato l'ingresso originario della grotta.
Lascaux, frequentata tra il 15000 e il 14500 a.C., è un eccezionale documento  dell'arte parietale del Paleolitico per l'organicità della rappresentazione, la ricchezza e varietà dei soggetti, l'espressività e la grandiosità delle figure. La grotta si sviluppa per una lunghezza di 250 metri con un dislivello di circa 30 metri, strutturata con una serie di gallerie e ambienti più ampi:
  • la grande sala dei tori
  • il diverticolo assiale
  • il corridoio
  • la navata
  • l'abside
  • la sala dei felini
  • il pozzo 
Nella sala dei tori si fronteggiano due branchi di animali tra cui compare un animale immaginario dal corpo di cavallo con due lunghe protuberanze sulla fronte, tradizionalmente definito "liocorno": è uno dei rari esempi di figure fantastiche o mostruose presenti nll'arte paleolitica, che, per la rappresentazione del mondo animale, predilige piuttosto il realismo.

Tra gli animali rappresentati troviamo le gigantesche figure di tori a linea di contorno nera, che equilibrano la contrapposta mandria di cavalli; alla convergenza dei due branchi si trova un gruppo di cervi dipinti in ocra rossa e gialla.
Al centro di questa composizione si nasconde inoltre il profilo di un orso. Con la loro semplicità, con le loro linee stilizzate, questi pittogrammi riescono a comunicare lo stesso tutto il movimenti animale.


Nel diverticolo assiale le figure occupano tutta la parte superiore delle pareti e i temi sono quelli classici dell'arte preistorica: cavalli, stambecchi, cervi e, in fondo, un bisonte. La parete di sinistra prende il nome dal grande toro nero che maschera due mucche rosse e un cavallo. Questo spazio è conosciuto anche come la "Cappella Sistina" della Preistoria.

Il corridoio (o passaggio) mette in comunicazione la sala dei tori con la navata. E' caratterizzato da una grande densità di rappresentazioni non sempre di facile comprensione. Alcune figure sono dipinte mentre altre sono incise: cavalli, bisonti, cervi, bovidi.


La navata si sviluppa su pareti molto regolari. La pendenza naturale del suolo ha fatto si che le figure fossero distribuite su diversi livelli. Tra gli animali rappresentati ci sono cavalli, capre, cervi, bisonti e uri. Proprio l'uro impone la sua massiccia presenza al centro di questo spazio.


L'abside ha una superficie più limitata rispetto alle altre zone. Contiene più di un migliaio di figure distribuite in modo uniforme sulle pareti e sul soffitto. Questo numero così alto si spiega con con il fatto che qui la roccia è più mordiba da lavorare.

La sala dei felini è un lungo corridoio rettilineo. Alle grandi composizioni degli sapzi precedenti, succedono graffiti di proporzioni più modeste.


Il pozzo ci regala una delle composizioni più belle dell'arte rupestre. L'originalità di questo pannello sta nel suo potenziale narrativo, indotto dalla posizione delle figure. Viene rappresentato un bisonte trafitto da una lancia e sventrato che carica un uomo caduto a terra e a braccia aperte. La raffigurazione è straordinaria per la presenza della figura umana, estremamente rara nelle pitture parietali, eseguita in stile figurativo geometrico, in contrasto con il bisonte eseguito in stile figurativo analitico.

Dopo la scoperta della grotta, l'ingresso fu ampliato per facilitare il flusso dei turisti. Intono agli anni Cinquanta, però, vennero notati i primi segni del degrado dovuti all'eccesso di anidride carbonica contenuta nell'aria e dovuta ai visitatori.  L'anidride corrodeva la roccia e la calcite. Per ovviare al problema, fu costruito un sistema di controllo dell'anidiride. Ma non fu sufficiente. Si crearono macchie verdi dovute ad alghe. Il Ministero della Cultura decise nel 1963 di chiudere definitivamente il sito al pubblico. Ne venne però creata una copia identica nel 1983 e chiamata Lascaux II che permetteva ai visitatori di ammirare le pitture senza arrecare alcun danno.