venerdì 29 gennaio 2016

I SUMERI - PERIODO ACCADICO

All'incirca tra il  2350 al 2150 a. C.,popoli semitici riescono a dominare politicamente dalla capitale Akkad quasi tutta la valle, raggiungendo probabilmente anche la costa del Mediterraneo e facendo incursioni nell'Asia Minore e nell'Elam. L'influenza dell'arte accadica si fa sentire anche in Assiria e a Susa, e in genere in tutta la Mesopotamia. Quest'arte si sovrappone a quella sumera che rimane alla base delle manifestazioni artistiche del paese, ma subisce alcune modifiche che le conferiscono carattere proprio, le quali, in parte, si riattaccano alla civiltà preistorica di Gemdet Naṣr e, in parte, sono dovute allo spirito artistico delle stirpi semitiche conquistatrici. 
Con l'arte accadica si supera lo stile geometrizzante dell'arte sumera e si va verso una visione artistica naturalistica. Sebbene la pietra opponesse all'artista grandi difficoltà per la lavorazione, alcuni scultori sono riusciti a dominarla in modo veramente magistrale. All'arte accadica appartiene una delle più insigni sculture della Mesopotamia antica: la stele trionfale di Narām-Sin.
Statua di Manishtushu
Qualche tratto nuovo rispetto all'arte sumera si osserva nelle sculture di Manishtusu, secondo successore di Sargon: per esempio, in due basi di statue del Louvre, una delle quali è decorata con bassorilievi rappresentanti i nemici abbattuti. Dello stesso re ci è pervenuto il busto di una statuina, eseguita a Susa, con la lunga barba, le mani intrecciate sul petto. Ha gli occhi inseriti a incrostazione. 
Che non tutti gli artisti giungessero allo stesso livello d'arte si può vedere dal frammento di una stele, conservata a Costantinopoli, dello stesso re, ritratto molto rigidamente secondo i canoni sumeri. Il Museo del Louvre possiede un frammento di stele con scene guerresche, proveniente da Lagash, un altro frammento con due divinità, le quali tengono in mano un vaso con due fiotti d'acqua e piccoli pesci; tutti lavori risalenti, forse, al periodo di Akkad

mercoledì 27 gennaio 2016

I SUMERI - PERIODO PROTODINASTICO: il vaso di Entemena

Vaso di Entemena
Il vaso di Entemena proviene da Tello ed è conservato al museo del Louvre. Il vaso, dedicato al sovrano della I dinastia di Lagash, è una delle più splendide testimonianze dell'arte toreutica mesopotamica del III millennio a.C. L'aquila leontocefala, associata all'uccello Anzu ma anche al simbolo del dio Ningirsu, soggioga sue leoni afferrandoli con i proprio artigli mentre protegge tori e altri bovini, simbolo della prosperità e della fertilità del mondo naturale e animale.
L'Imdugud  che sconfigge le fiere, ovvero che è a protezione di bovini, costituisce un tema ampiamente sviluppato e originariamente prodotto in Mesopotamia dove il rapace svolse un ruolo protettivo dell'ordine naturale voluto dagli dei: le aggressioni delle fiere a greggi e mandrie mettevano in pericolo gli equilibri della società umana che doveva essere tutelata da figure mitologiche dalla funzione apotropaica, cioè cacciare le forze del male.
Sul collo del vaso è presente anche un'iscrizione dedicatoria del sovrano al massimo dio cittadino, Ningirsu, anche dio della guerra e associato, successivamente, al dio Ninurta, figlio di Enlil.
Il vaso è interamente in argento, con quattro supporti bronzei alla base.

sabato 23 gennaio 2016

I SUMERI - PERIODO PROTODINASTICO: la glittica

Le prime opere glittiche del periodo protodinastico sono i sigilli rinvenuti a Fara e nei centri della Diyala, in cui l'uso del fregio continuo sfrutta l'intreccio tra le figure, in particolare usa le numerose scene di lotta di natura mitologica. Esistono però numerose varianti di carattere iconografico e stilistico che portano a una riduzione però dei temi trattati. Sono numerose le soluzioni stilistiche adottate, caratterizzate dall'alternarsi di figure antropomorfe - animali, mitiche, fantastiche - in posizioni intrecciate, capovolte o rampanti.
La glittica della fase finale del periodo Protodinastico mostra una forte rottura di stile con le espressioni iconografiche del periodo precedente. L'eroe nudo, identificato in Gilgamesh, domatore di fiere che aggrediscono antilopi, rimane una delle rappresentazioni più diffuse nella glittica del III millennio. L'eroe è contraddistinto da riccioli e da una corda in vita. Spesso è rappresentaton mentre sorregge un toro dalle lunghe corna.
Sigillo
Questo costituisce un elemento di continuità con le culture di Uruk e Jemdet Nasr. Le scene dei sigilli di questo periodo rappresentano momenti epici della lotta dell’eroe contro le fiere in protezione del suo gregge; queste scene hanno una chiara valenza religiosa e mitologica data dalla presenza non solo di esseri ordinari, quali i leoni che attacano il gregge o i capridi, ma anche da quella di esseri straordinari come Imdugud (aquila leontocefala), l’Uomo-Toro (essere con quarti posteriori e testa taurini e busto e arti superiori umani) e il Toro Androcefalo (essere con corpo e corna taurini e viso umano barbuto). Questi soggetti ibridi, creati dall’accostamento di elementi animali ed umani, sono presenti quasi esclusivamente su questo tipo di supporto, mentre in altre forme artistiche sono molto meno frequenti (amuleti, statuaria, ceramica).
Sembra verosimile pensare che queste scene di lotta tra eroi, animali ed esseri ibridi possano riflettere la contrappossizione tra l'ordine naturale imposto dagli dei e le forze maligne del caos.




martedì 19 gennaio 2016

I SUMERI - PERIODO PROTODINASTICO: la Stele degli Avvoltoi

Questa stele rappresenta una nuova complessità di composizione, un nuovo modo di esprimere concetti simili a quelli del periodo precedente ma soprattutto testimonia un nuovo pensiero, un nuovo approccio ideologico e nuove idee che arriveranno alla piena espressione nel successivo periodo Akkadico, quando radicali cambiamenti nel concepire la figura del sovrano e le divinità stravolgeranno il sistema ideologico dell'uomo mesopotamico e le principali produzioni artistiche del territorio.
La stele esaspera la narrazione preoccupandosi di descrivere quanto successo ma anche, allo stesso tempo, come e perchè successe concentrandosi sulle relazioni tra il sovrano, il suo esercito, i nemici e la divinità attraverso l'uso di simboli che ne semplificassero la codifica. La stele, in questo modo, non racconta solo l'evento ma cerca anche di spiegarne gli esiti e le cause attingendo a quel serbatoio di ideologie e pensieri che condozionerà tutte le altre produzioni artistiche.
Verso della stele
La Stele degli Avvoltoi è per molti aspetti il monumento che sancisce l'inizio della narrativa storica nell'arte mediorientale ed è pertanto stata oggetto di molte ricostruzioni e interpretazioni. Quelle più diffuse vogliono la stele divisa in recto e verso, cioè il lato storico e quello mitologico del conflitto incorso tra Lagash e Umma.
Altro frammento del verso della stele
Il verso della stele presenta il sovrano dalle dimensioni maggiori, mentre aggredisce il nemico in prima persona, fortemente caratterizzato per abbigliamento, acconciatura e centralità della rappresentazione.Il sovrano è sempre rappresentato con l'elmo liscio e i capelli raccolti in uno chignon sulla nuca. La veste regale da guerra è costituita da una gonna a ciocche coperta da un mantello, portato di traverso, che cade sulla sola spalla sinistra. L'esercito che segue il sovrano, invece, è una massa informe che deve conferire solo un senso di moltitudine e potenza in cui elmetti, lunghe lance e scudi emergono da un insieme indefinito. Si noti, infatti, come le lance siano più numerose delle teste. I cadaveri dei nemici sono calpestati dall'inarrestabile esercito del re Eannatum.
Uno stormo di avvoltoi tiene nel becco  le teste e le membra dei nemici sconfitti, simbolo dell'ascesa dell'esercito lagashita
Recto della stele
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Il recto della stele, invece, riporta l'iscrizione che ricorda il conflitto tra le città di Lagash e Umma per il possesso dei fertili campi e del canale Gu-edenna. Eannatum riporterà una vittoria schiacciante determinata, come appare evidente nella stele, da un decisivo volere divino. Ningirsu, dio cittadino di Lagash, dalle dimensioni assai più grandi e con uno scettro nella mano destra, è rappresentato mentre tiene nella mano sinistra un Imdugud, simbolo della divinità, che sovrasta due protomi leonine che, a loro volta, sigillano una rete in cui sono posti i nemici sconfitti. La figura del dio che soggioga i nemici costretti nella rete, spiega l'esito della battaglia rappresentata sulla facciata opposta. Da un punto di vista stilistico, la divisione della stele in registri è una fortunata intuizione che avrà ampia diffusione in tutta l'arte del rilievo preclassico.
La stele unisce un impianto iconografico a un racconto scritto che bene spiega le cause e l'esito dello scontro rappresentato. Oggi la stele è conservata in frammenti al Louvre. In origine era composta da un'unica lastra verticale non molto spessa, alta 188 cm e culminante con un profilo stondato.

venerdì 15 gennaio 2016

I SUMERI - PERIODO PROTODINASTICO: il rilievo

La placca votiva è una delle produzioni artistiche  più diffuse di questo periodo: insieme alla stele celebrativa, queste lastre di pietra di circa 20-30 cm permettono di conoscere gli aspetti essenziali del patrimonio iconografico mesopotamico. Il tema trattato è generalmente quello del banchetto a seguito di qualche cerimonia rituale religiosa ovvero dopo interventi edilizi presso qualche fabbrica sacra. 
Questa tipologia artistica doveva essere affissa con un chiodo alle pareti dei templi; le placche, sui erano spesso indicate specifiche cerimonie, dovevano proteggere il tempio dalle forze del male. La divisione in due o tre registri è un pratico espediente per dare una sequenza logica agli eventi. 
Un esempio è la placca di Ur- Nanshe, sovrano della I dinastia di Lagash, che mostra soluzioni stilistiche abbastanza omogenee organizzate su due registri principali.
Placca di Ur-Nanshe
Nel registro superiore, Ur-Nanshe è rappresentato mentre sorregge una grande cesta, secondo la postura classica di chi è nell'atto di costruire; davanti a lui, rigorosamente in ordine gerarchico, suo figlio ed erede designato Akurgal e alti funzionari. Le dimensioni del sovrano e del principe risultano maggiori per aiutare a decodificare le figure in modo da identificare i personaggi più importanti. L'uso del kaunakes, sorta di gonnellino, portato da Ur-Nanshe e Akurgal, sembra connesso esclusivamente alla regalità.
Nel registro inferiore, il sovrano è nuovamente rappresentato seduto mentre banchetta, con bicchiere nella mano destra, per festeggiare l'avvenuta impresa edilizia; davanti a lui il principe ereditario tende il braccio destro verso il sovrano. La postura delle figure secondarie che seguono il principe Akurgal è quella tipica del fedele con mani giunte sul ventre secondo una tradizione figurativa ampiamente conosciuta anche nella statuaria dell'epoca.
Ancora più significativa è la Stele degli Avvoltoi, realizzata verso la metà del III millennio a.C.

lunedì 11 gennaio 2016

I SUMERI: Testa di Sargon

Uno degli esempi più interessanti della statuaria regale accadica è senz'altro la Testa di Sargon di Akkad risalente al XXIV-XXIII secolo a.C e conservata al Museo Nazionale di Baghdad.

Testa di Sargon
I pesanti capelli sono raccolti  in uno chignon posto sulla nuca del sovrano; l'acconciatura, assai accurata, lascia tre piccole ciocche di capelli che si liberano con precisione e formalismo, subito dietro l'orecchio. 

Il volto è meno astratto, più realistico rispetto alla tradizione statuaria protodinastica. Anche la barba, la cui parte terminale si divide in due masse di riccioli che si fanno sempre più lunghi e con incisioni più fitte, è più ricercata, resa con finissime ciocche sostituite da semplici linee incise vicino alla bocca.

Nella figura di Sargon, fondatore del regno akkadico, i topoi letterari e la propaganda dei successivi dinasti mesopotamici riconoscono "l'uomo nuovo", di sangue non regale, capace di costruirsi un proprio destino fino al controllo delle "quattro parti del mondo".

Le palpebre sono più accentuate, finalmente visibili, anche se la tecnica dell'incrostazione perdura secondo le più antiche formulazioni del periodo protodinastico. 

Il naso aquilino, gli zigomi molto pronunciati, la naturalezza complessiva della bocca, le labbra carnose e la resa delle sopracciglia e della barba rivelano maggiore attenzione all'espressività decorativa.

In questa testa bronzea, rinvenuta a Ninive, alcuni studiosi identificano Sargon, altri suo nipote Naram-Sin.

Priva degli intarsi delle cavità oculari, altri danneggiamenti riguardano le orecchie tagliate, la barba spezzata, il naso la cui punta è stata martellata e gli occhi entrambi rovinati (corrosione e trapanatura). La deturpazione della statua regale di Sargon non è accidentale, infatti, la distruzione di simulacri regali comporta una distinzione tra damnatio memoriae (cancellazione di ogni rimando al re per motivi politici interni) e il danneggiamento quale atto straniero per umiliare un re sconfitto; atti, ad ogni modo, considerati di cattivo auspicio. Alcuni studiosi hanno ipotizzato la distruzione della statua ad opera dei Medi o dei Caldei.

martedì 5 gennaio 2016

I SUMERI - PERIODO PROTODINASTICO: la statuaria

Oranti, provenienti da Tell Asmar
La statuaria mesopotamica del periodo protodinastico segue canoni artistici geometrici che porta all'uso delle forma cilindrica. Questa elimina spigolosità e traumi di linee, promuovendo invece un'immagine sinuosa e rotonda, nonostante il lieve rigonfiamento in corrispondenza dei pettorali.
La statuaria riproduce quasi sempre fedeli in atteggiamento di devozione al dio, come si nota da un gruppo di oranti in pietra provenienti dal tempio Quadrato di Tell Asmar, antica Eshnunna (tre esemplari sono stati, forse in modo errato, riconosciuti nella massima triade divina di Mesopotamia, cioè in Abu, la paredra e il figlio). Le statue mostrano un forte schematismo che le allontana da ogni prospettiva naturalistica; l'obiettivo della statuaria è la creazione di un canale privilegiato per comunicare con il dio.
La centralità delle braccia, rese secondo la classica postura del fedele, e la grandezza sproporzionata degli occhi hanno un forte significato di ricerca di un intimo dialogo con la divinità. La descrizione, il realismo e la visione naturalistica sono aspetti secondari.