Dopo una serie di alterne vicende militari contro gli Assiri, la Mesopotamia meridionale viene assogettata a un sistema di controllo provinciale che limita l'autonomia e la politica dei dinasti di Babilonia. A seguito di un atteggiamento fortemente antiassiro, fomentato dal regno elamita, Babilonia viene brutalmente saccheggiata e distrutta nel 689 a.C. a opera di Sennacherib. Il suo successore Esarhaddon avvia un capillare programma di ricostruzione della città che coinvolge i principali edifici monumnetali, tra i quali l'Etemenanki, l'Esagila, le fortificazioni interne ed esterne della città, fino al restauro dei più celebri santuari del paese. L'autonomia babilonese si raggiunge solo a seguito del crollo dell'impero assiro: nel 614 a.C. i Babilonesi sconfiggono definitivamente gli assiri ereditando gran parte del loro territorio, successivamente consolidato con una serie di spedizioni militari in Occidente (battaglia del 601 a Pelusio, nel Delta contro gli Egiziani, presa di Gerusalemme nel 587, conquista di Tiro). Nabucodonosor sarà attivo anche sul fronte interno, dando vita a una vera e propria rifondazione di Babilonia. Il sovrano si impegna anche nella Bassa Mesopotamia presso le città di Sippar, Ur e Uruk.
L'ultimo sovrano di Babilonia, Nabonedo, è attivo perlopiù sul fronte interno, per ridimensionare o limitare il potere del clero di Marduk; Nabonedo trasferisce la residenza a Teima, nella penisola sud-arabica, lasciando la reggenza di Babilonia al figlio e mostrando un chiaro contrasto con gli ambienti sacerdotali e aristocratici babilonesi. Quando Ciro il Grande entra a Babilonia nel 539 a.C., il sovrano persiano si presenta come un liberatore che sottrae la città all'eretica politica portata avanti da Nabonedo nei confronti di Marduk.
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