giovedì 23 aprile 2020

Nefermaat e Hemiunu


Gli architetti Nefermaat e Hemiunu, padre e figlio, sono stati i primi a sperimentare la costruzione di grandi piramidi a pareti lisce, a Meidum, Dashur e Giza, all’inizio della IV dinastia (2575-2525 a.C.). 

Nefermaat era un principe egizio, figlio del faraone Snefru. Era anche visir in possesso dei titoli di “fratello maggiore del re”, portatore dei sigilli reali e profeta di Bastet. Il suo nome significa “Maat è bella” o “con perfetta giustizia”. Era anche il marito di Itet e padre di Hemiunu, l’architetto di Cheope. Un rilievo trovato nella sua tomba, descrive Nefermaat come “colui che ha messo per iscritto i suoi dei in un modo che non può essere cancellato”, forse a indicare che stava cercando metodi per rendere rilievi e pitture più durevoli.

Di Nefermaat ci resta la tomba, la bellissima mastaba 16 a Meidum destinata a tutti i membri della famiglia; i rilievi di questo sepolcro sono stati smontati e ricomposti nelle sale del Museo Egizio del Cairo. Le decorazioni parietali sono realizzate con una tecnica particolare, consistente nell’incidere profondamente le figure che compongono la scena per poi riempirne l’interno con paste colorate dalla vivace policromia. Questo metodo, molto impegnativo, rende i colori molto vividi ma la pasta tende a seccarsi, rompersi e cadere dalle pareti. È, ad oggi, l’unica tomba in cui è stata usata questa tecnica. La cappella della moglie Itet era invece decorata con pitture, tra le quali vi sono le famose Oche, anch’esse conservate al Cairo. Vari pannelli dei rilievi di questa imponente mastaba sono attualmente sparsi in diversi musei europei e statunitensi. Nefermaat ha terminato per Snefru la costruzione delle due piramidi a Dashur, la romboidale e la rossa”.

Le oche di Meidum
La scena è stata eseguita tramite pittura su stucco. Fu scoperta nel 1871 dal francese Mariette. Il pannello è alto 27 cm e lungo 172 cm. Rappresenta una scena di caccia sulle rive del Nilo. La scena presenta sei oche, tre voltate a sinistra e tre a destra. In entrambi i gruppi, un’oca ha il collo proteso verso il basso per mangiare erba mentre le altre due hanno il collo in posizione canonica. Il gruppo di tre animali è rappresentativo di più oche perché nella scrittura egizia il numero 3 rappresenta il plurale. Le differenze di piumaggio spezzano la generale simmetria del dipinto. L’arte pittorica dell’Antico Regno ebbe grande attenzione per i dettagli di animali e piante, tanto che oggi è possibile individuare la specie delle oche, proprio dal piumaggio, nella specie della Lombardella maggiore, dell’oca granaiola e in quella dal collo rosso Bernacle. Il colore è stato steso con una tecnica puntiforme. Lo sfondo sembra un giardino sfocato, solo accennato da qualche ciuffo d’erba e fiori. 

Nell’aprile 2015, l’egittologo Tiradritti ha posto dei dubbi sull’autenticità del dipinto dal momento che quattro delle sei oche non erano originarie dell’Egitto e non si trovano in nessun’altra pittura egiziana. Un’altra anomalia, secondo lo studioso, è nei colori mai visti in altre parti. La stesura sembrerebbe eseguita con pennelli moderni da un pittore ottocentesco di nome Vassalli per conto del Museo di Bulaq per cui lavorava. 

Hemiunu
Il figlio Hemiunu ha perfezionato le tecniche costruttive già sperimentate dal padre, arrivando a collaborare alla costruzione della grande piramide di Cheope a Giza. In una statua al Museo Pelizaeus di Hildesheim, è ritratto seduto, come da tradizione, su un trono squadrato, in posizione austera e composta, ma il viso e il corpo tradiscono questa fissità: infatti il viso è paffuto, il mento appuntito e il naso aquilino, l’espressione è vivace e pronta; le spalle e il petto sono massicci, la muscolatura un po’ cadente e l’addome prominente, che ricade in varie pieghe della pelle. La grassezza del personaggio è il simbolo più immediato di potere e ricchezza, agio e serenità. Purtroppo la mastaba è stata saccheggiata e i ladri hanno estratto con forza gli occhi intarsiati e le parti in oro.
Dalle pareti della sua mastaba, sul fianco della piramide di Cheope a Giza, e dalla statua trovata nel serdab sappiamo i titoli di cui godeva: figlio del corpo del re, portatore dei sigilli del re del Basso Egitto, Capo della giustizia e Visir, Maggiore dei Cinque della Casa di Thot.

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