mercoledì 1 febbraio 2017

ANTICO EGITTO: i primordi

La trattazione della storia dell'arte di un popolo spesso ha inizio con la formazione di quella civiltà: nel caso dell'Egitto, questo periodo è detto "predinastico" e contiene gli elementi culturali fondamentali che saranno poi sviluppati in epoca storica.
Intorno al 5000 a.C. popolazioni di seminomadi di raccoglitori e cacciatori si stanziano lungo la Valle del Nilo, sviluppando una primitiva agricoltura e l'allevamento di animali addomesticati. Piccole comunità tribali confinanti si aggregano per motivi di difesa e per meglio controllare gli scambi economici con le regioni periferiche; in corrispondenza con i nodi commerciali più importanti si sviluppano grosse comunità territoriali (Maadi, Buto, Hierakompoli, Naqada). Tale periodo occupa il V e il IV millennio a.C. ed è suddiviso in fasi e sottofasi, identifificate sulla base dei ritrovamenti archeologici provenienti dai siti di Ballas, Naqada e Hu. Migliaia di reperti sono stati classificati dall'équipe dell'egittologo inglese William Petrie in base alle trasformazioni stilistiche, all'incremento delle tipologie ceramiche e alle forme e dimensioni delle tombe; la ricerca ha rivelato, nonostante le differenze regionali, una unità culturale delle popolazioni del sud, dal carattere guerresco e artigianale, ben distinte da quelle settentrionali, la cui economia si fonda su base agricola.

Le tombe dei vari gruppi umani rivelano caratteristiche comuni: in un primo tempo sono semplici fosse ovali, in seguito diventate di forma rettangolare, a volte rivestite di mattoni crudi o assi di legno. Il cadavere è deposto rannicchiato sul lato sinistro e avvolto in teli, stuoie o pelli, accompagnato da ogetti in fibre vegetali intrecciate, armi, monili ed effetti personali; dalla loro analisi emergono accenni di differenziazione gerarchica.
Vasi a bordo nero
Tra i prodotti artistici caratterizzanti quest'epoca i più antichi sono i vasi detti "a bocca nera", la cui colorazione scura e lucente sull'orlo è dovuta alla cottura del recipiente capovolto, conficcato nella brace e nella cenere; che questo procedimento sia voluto è testimoniato dall'uso decorativo di questa doppia colorazione, come si nota nella statuina fittile della "danzatrice" di Brooklyn, il cui corpo risulta rosso e la veste nera.
Danzatrice di Brooklyn

Successivamente compaiono ceramiche decorate con motivi naturalistici e animali, rappresentazioni di barche, esseri umani e stendardi divini, ben riconoscibili nonostante la stilizzazione. Una della più antiche stoffe del mondo, proveniente da Gebelein e conservata al Museo Egizio di Torino, è decorata con scene di navigazione e figure femminili a braccia aperte levate; è possibile che le pitture riproducano un corteo religioso e on funerale.
Verso la metà del IV millennio vengono prodotte tavolozze in scisto a forma di tartaruga, stambecco, pesce altri animali, interpretate come oggetti su cui polverizzare il trucco per decorare viso e corpo a scopi estetici e, forse, anche rituali.
Telo di Gebelein con scene di navigazione

La fase di transizione verso le prime dinastie faraoniche è nota attraverso le scene favolistiche, di guerra e di regalità scolpite a rilievo su tavolette, per le quali deve perciò essere ipotizzato un alto valore rituale e simbolico. L'osservazione delle loro decorazioni permette di riconoscere un'evoluzione stilistica attraverso i secoli che tende a un progressivo realiscmo descrittivo.

mercoledì 18 gennaio 2017

L'arte dei Persiani

Le testimonianze più importanti dell'arte persiana risalgono alla dinastia degli Achemenidi (559-330 a.C.), popolazione indoeuropea che riunì l'impero dal fiume Indo fino al Nilo. Fu Ciro il Grande a conquistare Babilonia nel 539 a.C. Con i suoi successori Cambise, Dario e Serse, l'impero persiano si estese fino a comprendere la Lidia, l'Asia occidentale e l'Egitto. 
La tendenza degli Achemenidi ad utilizzare artisti ed artigiani provenienti da culture differenti diede vita ad un'arte variegata e originale, capace di fondere modelli asiatici, egizi e greci.

Il palazzo persiano
Palazzo di Persepoli
Le caratteristiche dell'architettura persiana sono testimoniate dai grandiosi palazzi eretti nelle città capitali. Già nell'antica residenza di Ciro a Pasargad, si nota l'organizzazione tipologica dei complessi reali, con la planimetria regolare e le ampie scalinate di accesso. 
Certamente innovativo è il Palazzo di Persepoli, capitale ufficiale eretta da Dario I a partire dal 518 a.C. La città era suddivisa in tre settori:
  • la Terrazza con i palazzi reali
  • un'area di culto
  • la città bassa, caratterizzata da un impianto regolare di strade rettilinee.
Mappa di Persepoli
L'area dei palazzi si ergeva su un podio fortificato, frequente in Mesopotamia in cui si accedeva attraverso scale monumentali. Comprendeva i palazzi di Dario, di Serse e di Artaserse, una grande sala delle udienza (l'Apadana), ed ancora harem, il tesoro, tombe reali e magazzini.
Gli edifici erano rigorosamente organizzati sulla pianta quadrata. Per la prima volta in Oriente, nel complesso viene utilizzata in maniera sistematica la colonna, qui presente in porticati e sale ipostile. Alte ed esili, esse sorreggevano eleganti capitelli dalla complessa decorazione, con motivi astratti  e teste di animali. Questa innovazione favorì la costruzione di ambienti dalla spazialità più razionale, l'introduzione di piante più regolari e una visione prospettica basata sul ritmo delle parti costruttive.

Le arti figurative
Raffinati bassorilievi ornavano palazzi e gradinate: rappresentano, con cura decorativa, processioni di dignitari e di guardie reali che rendono omaggio al re. Talvolta erano utilizzate mattonelle smaltate policrome, come nel fregio degli arcieri del V sec. a.C.
In tutti, l'immobilità e l'uguaglianza delle figure determina un ritmo quasi ossessivo, con evidente tendenza ad una forte astrazione. Importante è la produzione nel campo delle arti minori, testimoniata da pregiati esemplari di vasellame, armi e gioielli.

martedì 10 gennaio 2017

GLI ASSIRI - PERIODO NEOASSIRO: la glittica

Con il periodo neoassiro il tradizionale sigillo a cilindro viene lentamente sostituito da quello a stampo che nel VII secolo diventa lo strumento più usato per praticare sigillature. Le tematiche sono legate a scene mitologiche di lotta (arcieri, eroi inginocchiati, scontri tra demoni, esseri compositi e divinità) ovvero rituali di culto verso divinità ben identificate (sacerdoti davanti al sovrano in trono, il re che liba davanti a un dignitario, il fedele di fronte a una o più divinità). 
Impronta e sigillo
Lo stile dei sigilli è plastico, con un modellato ricco di incisioni schematiche, rese con il trapano o il bulino, che rendono i particolari anatomici della figure. Una parte di questi sigilli è meno accurata, più schematica con un modellato più piatto. Durante il periodo di Salmanassar III, si nota lo sviluppo dei nuovi canoni plastici. 
I cilindri di pasta vitrea  rappresentano una categoria a parte, caratterizzata da tematiche ricorrenti in cui è raffigurato un arciere contro un animale o un essere fantastico; la loro diffusione sembra essere circoscritta al IX e VIII secolo a.C. Con il VII secolo, il sigillo a stampo a base ovale e a dorso conoidale si afferma definitivamente con temi simili a quelli della tradizione cilindrica sebbene ridotti per motivi di spazio.
Una ben distinta categoria è rappresentata dal sigillo a stampo dinastico: il motivo ricorrente è quello del sovrano che sconfigge, con una corta spada, una fiera eretta sulle zampe posteriori secondo schemi e tradizioni ampiamente diffusi nei cicli parietali a rilievo di Assurbanipal.